domenica 25 maggio 2008

Mi vergogno di essere italiano e cristiano

da Liberazione 24/05/2008

Alex Zanotelli
E' agghiacciante quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in questo nostro paese.
I campi Rom di Ponticelli (Na) in fiamme, il nuovo pacchetto di sicurezza del ministro Maroni, il montante razzismo e la pervasiva xenofobia, la caccia al diverso, la fobia della sicurezza, la nascita delle ronde notturne offrono una agghiacciante fotografia dell'Italia 2008.
«Mi vergogno di essere italiano e cristiano», fu la mia reazione rientrato in Italia da Korogocho, all'approvazione della legge Bossi-Fini (2002). Questi sei anni hanno visto un notevole peggioramento del razzismo e xenofobia nella società italiana, cavalcata dalla Lega (la vera vincitrice delle elezioni 2008) e incarnata oggi nel governo Berlusconi (posso dire questo perché sono stato altrettanto duro con il governo Prodi e con i sindaci di sinistra da Cofferati a Dominici...). Oggi doppiamente mi vergogno di essere italiano e cristiano.
Mi vergogno di appartenere ad una società sempre più razzista verso l'altro, il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano che è diventato oggi il nemico per eccellenza.
Mi vergogno di appartenere ad un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove essere clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non è un crimine migrare, ma che invece criminale è un sistema economico-finanziario mondiale (l'11% della popolazione mondiale consuma l'88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere.
L'Onu prevede che entro il 2050 avremo per i cambiamenti climatici un miliardo di rifugiati climatici. I ricchi inquinano, i poveri pagano. Dove andranno? Stiamo criminalizzando i poveri?
Mi vergogno di appartenere ad un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare, ma poi li rifiuta, li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che dà la caccia ai Rom come se fossero la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all'Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano Rom!). Noi abbiamo fatto dei Rom il nuovo capro espiatorio.
Mi vergogno di appartenere ad un popolo che non si ricorda che è stato fino a ieri un popolo di migranti («quando gli albanesi eravamo noi»): si tratta di oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all'estero. I nostri migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi?
Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere?
Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro "Paradiso"? E' la nuova tratta degli schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell'Africa all'Europa.
Mi vergogno di appartenere ad un paese che si dice cristiano ma che di cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di quel povero Gesù di Nazareth crocifisso fuori le mura e che si è identificato con gli affamati, carcerati, stranieri. «Quello che avrete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me».
Come possiamo dirci cristiani mentre dalla nostra bocca escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i Rom? Come possiamo gloriarci di fare le adozioni a distanza mentre ci rifiutiamo di fare le "adozioni da vicino"?
Come è possibile avere comunità cristiane che non si ribellano contro queste tendenze razziste e xenofobe? E quand'è che i pastori prenderanno posizione forte contro tutto questo, proprio perché tendenze necrofile?
Come missionario, che da una vita si è impegnato a fianco degli impoveriti della terra, oggi che opero su Napoli, sento che devo schierarmi dalla parte degli emarginati, degli immigrati, dei Rom contro ogni tendenza razzista della società e del nostro governo.
Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.
Vorrei ricordare le parole del pastore Martin Niemoeller della Chiesa confessante sotto Hitler:
«Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i Rom non ho protestato perché non ero un Rom.
Quando sono venute ad arrestare gli Ebrei non ho protestato perché non ero un Ebreo… Quando alla fine sono venute ad arrestare me non c'era più nessuno a protestare».
Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare,gridare, urlare. E' in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto è in ballo il futuro dell'umanità anzi della vita stessa.
Diamoci da fare perché vinca la vita!


24/05/2008

lunedì 19 maggio 2008

COMUNICATO STAMPA

Oggetto: interpellanza di Rifondazione Comunista sulla questione Fassa Bortolo.

Vorrei partire da un articolo uscito alcuni giorni fa su un noto quotidiano locale, basato sulla lettera di un cittadino di Magione riguardo alla questione Fassa Bortolo.
Come spesso accade il pragmatismo dei cittadini centra il nodo fondamentale della questione.
Sui due piatti della bilancia si trovano due opzioni che non si equilibrano.
Da una parte la costruzione dell’insediamento è destinata a portare sul territorio due torri di 20 metri di lato e 60 di altezza la prima, 20 metri di lato e 40 di altezza la seconda, di gran lunga più grandi di qualsiasi edificio della zona, con un impatto paesaggistico devastante.
La costruzione dell’industria, che rientra nella categoria delle industrie insalubri, nelle immediate vicinanze del centro abitato. L’aumento, con relativo inquinamento, anche acustico, del traffico camionabile sulla direttrice Pierantonio – Mantignana.
L’aumento dell’escavazione, di certo nella cava di Monticchio (ma non è difficile immaginare la ripresa dei lavori anche in altre località) con la sensibile modifica dell’assetto paesaggistico della collina in cui è situata la cava e di quella attigua e l’abbattimento di una considerevole porzione di bosco.
La chiusura, non essendo le immediate vicinanze di una cava e di un insediamento industriale di queste dimensioni appetibile, di vari piccoli agriturismo e di alcune aziende agricole biologiche già presenti sul territorio. La non realizzazione di altre già in avanzata fase di avviamento. Queste già danno lavoro a un discreto numero di persone.
Un’escavazione così estesa non potrà non avere ricadute anche sull’assetto idrogeologico della zona.
Sull’altro piatto della bilancia, la promessa di qualche decina di posti di lavoro, promessa tutta da verificare e in ogni caso in quantità probabilmente inferiore a quelli persi negli altri due settori.
Non ci sembra un bilancio positivo.
Per questa ragione pensiamo che l’insediamento Fassa Bortolo in Umbria non sia augurabile ed abbiamo presentato una interopellanza alla Sindaco di Corciano, chiedendo delucidazioni in merito alle intenzioni dell’amministrazione rispetto al pronunciamento del TAR dell’Umbria, depositato il 28 marzo 2008, essendo ormai prossima la scadenza dei termini per presentare ricorso al Consiglio di Stato.
Ricorso che riteniamo necessario anche per fugare una volta per tutte la possibilità che Fassa Bortolo torni a richiedere i danni in seguito al rifiuto da parte dell’amministrazione di autorizzare lo stabilimento.
Invece di finanziare il restauro di monumenti nei centri cittadini, così da lavarsi l’immagine, Fassa Bortolo si limiti a non arrecare danno direttamente o indirettamente al Castello della Pieve del Vescovo, all’abitato di Mantignana, alla Villa del Colle del Cardinale (tanto per fare un elenco certamente non completo).

Giuseppe Felici
Segretario del Partito della Rifondazione Comunista di Corciano

interpellanza sul ricorso contro il pronunciamento del TAR dell'Umbria

interpellanza urgente

Premesso che:

apprendiamo da fonti di stampa che il T.A.R. si è pronunciato nei confronti del ricorso presentato da Fassa Bortolo contro il Comune di Corciano;

Considerato:

l’ammontare della richiesta di risarcimento;
che il progetto di insediamento industriale presentato dalla Fassa Bortolo è rimasto invariato;
che i termini per un eventuale ricorso sono prossimi alla scadenza

interpella

la Sindaco in ordine alle eventuali conseguenze sul bilancio comunale;
se non ritiene necessaria una ampia discussione in Consiglio Comunale;
quali sono le azioni già intraprese o che si intendono intraprendere in ordine al ricorso contro la sentenza;

il capogruppo del Partito della Rifondazione Comunista

Paolo Corgna

DOCUMENTI DEFINITIVI DEL VII CONGRESSO DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

DOCUMENTI DEFINITIVI DEL VII CONGRESSO DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA


la pagina è ancora in aggiornamento, man mano che arrivano i documenti verrà aggiornata.

giovedì 15 maggio 2008

VII CONGRESSO PRC. COSTRUIAMO INSIEME IL DOCUMENTO

VII CONGRESSO PRC. COSTRUIAMO INSIEME IL DOCUMENTO

La democrazia partecipata è oggi la vera innovazione

di Giovanni Russo Spena

Sulle pagine dell'ottimo settimanale "Carta" è stata aperta, da un documento preparatorio di un'assise nazionale "per un'altra politica", una discussione di grande interesse sulla concezione stessa del partito, partendo dalle aggregazioni tematiche e dalle reti locali. Il tema può essere declinato anche in termini più complessivi, con un tratto zapatista: come si ricostruisce uno spazio pubblico dentro e contro la globalizzazione liberista? Soprattutto ora, in un contesto in cui, come si evince anche da parole ed atti del governo Berlusconi, la cosiddetta "crisi della politica", lungi dall'essere critica del potere costituito, è diventata alibi per l'abbattimento del costituzionalismo democratico. Per quanto riguarda, poi, le sinistre (noi stessi) essa è degradata in una drammatica, totale crisi della rappresentanza: scissione, sconnessione tra domande sociali, conflitto e progetto politico.


Il negativo esito elettorale nostro è figlio anche di questa identità mutilata, di questa assenza di un punto di vista sulla società, di questa crisi della rappresentanza. Il PD ha tentato di dare ad essa una risposta plebiscitaria, leaderistica, costruendo (con le primarie) il leader prima del programma e prima del partito. Finendo con l'accelerare, in tal modo, la crisi stessa. Guai se, per debolezza dell'impianto analitico e per errori evidenti nella proposta politica, cadessimo anche noi nella medesima tentazione. Il cortocircuito plebiscitario non può sostituire un'assenza di proposta politica; esso rischia d travolgere la democrazia organizzata e la regola statutaria, che è alla base della comunità; e sono certo che la delega all'uomo solo al comando non aiuta a ricostruire una ricerca collettiva ed un rapporto equo e paritario tra partito "in movimento" e rete plurale dell'associazionismo. Anzi, rischia di creare disastri; dalla Comune di Parigi alla criticità attenta e dolente di Rosa Luxemburg le regole e le garanzie democratiche (forma del mandato, rappresentanza non delegata, revocabilità, ecc.) sono state, dalla sinistra marxista libertaria, considerate sostanza politica, non non puro orpello formale. La democrazia partecipata è oggi la vera innovazione. Mi piacerebbe che anche il mio amico Vendola ne tenesse conto. Mi interessa, invece, proseguire il lavoro attento, paziente, basato sulla ricerca del consenso più ampio, che è stato alla base della formazione del paradigma politico ed organizzativo della Sinistra Europea. E' evidente che l'organizzazione ha in sé, in quanto tale, il rischio dell'oligarchia; ciò impone che il superamento del partito novecentesco comporti forti correzioni e garanzie contro i rischi immanenti di centralizzazione e separatezza dalla società. Se si esclude una organizzazione verticale (di tipo tematico: partito del lavoro, partito dei diritti, partito dell'ambiente) che pare, a me, troppo settoriale e carente dei nessi politici e strutturali, l'unica organizzazione politica che mi pare strumento utile per percorsi alternativi e processi anticapitalisti è il coordinamento di un sistema a rete che esalti l'orizzontalità, la confederalità "dal basso", il mutualismo, il "saper fare" società. Organizzazione del conflitto, mutualità, cooperazione (nel significato che ad essa dava Marx), mi sembrano i compiti e le funzioni, come base fondativa di un punto di vista "altro", di una autonoma visione del mondo della sinistra anticapitalista.

Concordo pienamente con la raffinata e colta ricerca di Pino Ferraris: " assieme al conflitto, dopo lunga eclissi, riemergono le solidarietà, il far da sé cooperativo, la pratica dell'obiettivo. Si va oltre il movimentiamo, ci si avvicina alla richiesta di un'altra forma di espressione della società politica". Mi sembra questo il nodo vero, nella teoria, nelle pratiche, nella concezione dell'organizzazione. Siamo, in parte, dentro la riflessione della I Internazionale? E' un bene, credo. Innovare vuol dire ripensare seriamente, dalle fondamenta. Non per inseguire modelli, ma per rielaborare criticamente la memoria storica del movimento operaio. E' essenziale, ad esempio, rileggere criticamente, superando liturgie terzinternazionaliste, la vicenda (aspra e culturalmente ricca) del movimento operaio e socialista a cavallo tra la fine dell'Ottocento ed il Novecento. Prevalse, con il "Programma di Erfurt", il manifesto del socialismo statalista di stampo teutonico. L'esperienza belga, quella bretone, quella del federalismo orizzontale e del mutualismo furono sconfitte. Ma ora, sui fallimenti, sulle macerie, è possibile, senza inibizioni, innovare davvero, ricercare davvero. Ricominciare il cammino?
Alla fin fine, siamo sempre nani sulle spalle dei giganti…

Regolamento per il VII Congresso Partito della rifondazione Comunista

Regolamento per il VII Congresso Partito della rifondazione Comunista

Dispositivi e ordini del giorno del Cpn del 10-11/05/08

Dispositivi e ordini del giorno del Cpn del 10-11/05/08