lunedì 7 aprile 2008

Ginsborg: «Basta rinvii, ora una sinistra nuova»

il manifesto 01.04.2008
Il 19 aprile assemblea nazionale a Firenze per una sinistra «unita e plurale». Invitati partiti, associazioni e movimenti. Per il professore inglese l'«anomalia» italiana è intatta: «Veltroni sbaglia, il Pd ha rimosso il problema Berlusconi» «Non serve solo una nuova fisionomia organizzativa ma anche una profonda innovazione culturale»
Matteo Bartocci

«Cari leader, noi non vi aspettiamo un minuto in più, dopo il voto il processo unitario deve andare avanti su basi nuove». Paul Ginsborg e il laboratorio fiorentino «per la sinistra unita e plurale» hanno ingoiato molti rospi prima e durante questa campagna elettorale. Ma la sfida vera, a sentire il professore anglo-fiorentino, inizierà dopo il voto. «Lo dico molto chiaramente - esordisce Ginsborg - sabato 19 aprile ci sarà a Firenze un grande appuntamento nazionale al quale invitiamo tutta la sinistra, i partiti, gli autoconvocati, i movimenti, le associazioni, chiunque. Ci vediamo per dire ai leader: noi non vi aspettiamo, abbiamo insieme fatto la campagna elettorale e ora serve un processo costituente senza rinvii». Rita Borsellino e Paolo Cacciari ci saranno.
E Bertinotti?
Lo vedrò qui a Firenze in un incontro pubblico lunedì prossimo. Se il 19 aprile vorrà venire anche lui ne sarei molto felice. Questa sinistra si può fare velocemente ma si deve fare bene - con umiltà, intelligenza e lungimiranza. Non serve solo una nuova fisionomia organizzativa ma anche una profonda innovazione culturale e teorica. Se la sinistra vuole essere diversa e non subalterna deve partire da proposte alternative convincenti rispetto all'economia globale.
Qual è la prima cosa su cui dovrebbe impegnarsi la sinistra nella prossima legislatura?
Bisogna fare di tutto per esaltare il ruolo educativo e culturale della televisione pubblica e difendere a denti stretti il ruolo pubblico in tutti i campi, dall'acqua all'istruzione. Tutto ciò che è pubblico va depurato da clientele e lassismo per renderlo più efficiente. E' paradossale ma proprio in questi giorni tutti i più grandi liberisti della terra chiedono che lo stato salvi le grandi banche dalla crisi economica. E' assurdo che non se ne parli in campagna elettorale.
Allora, anche lei come altri intellettuali dice: «Questa sinistra fa schifo ma andrò a votarla»?
Non sono ancora cittadino italiano ma se potessi, voterei senza esitazione per la Sinistra arcobaleno. Anche se per ora è un cartello elettorale un po' precario credo che sia assolutamente essenziale che sopravviva e che dopo le elezioni cominci a far crescere una cultura unitaria a prescindere dagli interessi di gruppo o di una parte dei dirigenti locali e nazionali.
A sinistra pesa di più la frattura tra politica e cittadini o quella tra i vari partiti?
L'antipolitica non è un'invenzione. La casta è anche nella sinistra. L'assenza di qualsiasi elemento di democrazia nella selezione dei candidati è un segnale chiarissimo. Se nessuno ha potuto esprimere un'opinione sui candidati è ovvio che la campagna elettorale sia poco convincente.
Si parla tanto di «americanizzazione» della politica italiana. Condivide?
La campagna elettorale di Veltroni è chiaramente influenzata dall'esperienza americana. Se va riconosciuto che piazze e palasport sono pieni è altrettanto vero che è una campagna che si riassume in un persona sola. Non è che altri esponenti del Pd radunino le folle. I comizi sembrano più degli happening che un'occasione per tessere una nuova cultura politica. Il Pd si mobilita per le elezioni ma non è detto che riesca a costruire una rete attiva nella società.
Ormai lo stacco tra politici e società è evidente. Perché le classi popolari votano sempre più a destra?
E' un processo più generale. Perfino in Toscana ormai l'asimmetria tra la parte privata della propria vita e quella pubblica o civile è profondissima. E' come se quest'ultima sia stata completamente svuotata.
Perché e da chi, secondo lei?
Da molte cose ma soprattutto da una cultura televisiva deleteria e pervasiva. Da 24 anni di controllo di una sola persona sulla televisione commerciale. Mi fa un certo effetto che il Pd rimuova quasi completamente il problema rappresentato dal «berlusconismo». E Veltroni in questo ha una grande responsabilità.
E' lo stesso Veltroni che apre al dialogo senza condizioni sulle riforme. Ma si può dialogare con Berlusconi?
Se dici che non si può ti rispondono subito che non porta voti che sei un estremista, un moralista o un ingenuo. Che quella stagione si è chiusa. Però la cosa strana è che qualunque giornale d'Europa la prima cosa che ti chiede in un'intervista è: «Com'è possibile che Berlusconi torni per la terza volta? Perché gli italiani non si ribellano al controllo politico e commerciale sulle tv?». C'è un contrasto fortissimo tra l'opinione pubblica europea e la rimozione del problema che si fa in Italia. L'anomalia italiana è seria e intatta. Peccato che manchi il coraggio per discuterne.
Le anomalie italiane però sono almeno due: né Berlusconi né il Pd hanno paragoni in Europa.
E' vero che il Pd non esiste da nessun'altra parte però sono certo che sarà accolto fraternamente dal socialismo europeo. Asor Rosa ha ragione quando sostiene sul manifesto che è molto grave che di fronte all'emergenza democratica del «berlusconismo» il Pd abbia preferito puntare tutto sulla sua identità partitica invece di fare un accordo per vincere con la sinistra. E' troppo facile dipingere la Sinistra arcobaleno come se fosse una pecora nera che blatera sempre 'no, no, no'. Solo così possono giustificare una frattura sbagliata.

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