lunedì 22 settembre 2008

Feroci accattoni e pidocchi

CANTIERI SOCIALI
il manifesto 18/09/2008
Pierluigi Sullo

In una delle tante mailing list cui sono iscritto è arrivato un messaggio utile. Un corrispondente della lista di Transform Italia, che si firma polemicamente «Accattone», nota che «oggi, 16 settembre, a ben undici giorni di distanza dall'accadimento, è apparso sul quotidiano La Repubblica un articolo sul pestaggio dei rom operato dai carabinieri di Bussolengo». E si chiede: «Come è possibile che un giornale così importante arrivi tanto in ritardo su una notizia del genere e che quasi tutti gli altri media la snobbino completamente?». La risposta di «Accattone» è la seguente: «Perché il pensiero prevalente sui rom è che siano una feccia dell'umanità e se qualcuno li pesta, magari in divisa, tutto sommato ci fa pure piacere». Dopo di che, cita una frase di Maurizio Blondet, già giornalista di Avvenire (il quotidiano dei vescovi) e del Giornale (il quotidiano di Berlusconi), ora direttore di Effedieffe, casa editrice e giornale on line. Ecco la frase: «Siamo noi cittadini i sospetti razzisti, sospettabili per principio, non quei pidocchi umani che, abituati a succhiare il sangue del popolo rumeno, sono venuti a succhiare il nostro». Incuriosito (e nauseato) sono andato a vedere il sito di Effedieffe, dove, tra libri revisionisti («Auschwitz, fine di un mito») e deliri catto-antisemiti, ho trovato l'articolo citato, che risaliva all'epoca dell'uccisione di Giovanna Reggiani, quando a promulgare decreti sulla «sicurezza» era il governo di Prodi all'unanimità. «In Romania - spiegava Blondet - esistono due società: i veri rumeni e gli zingari... questa seconda società è criminale, ferocissima, di accattoni minacciosi ». Bene, si dirà che questo Blondet è una scheggia impazzita, cattolico fondamentalista e nemico degli ebrei come purtroppo ne nascono tanti nel sottobosco nazionale. Dunque, quel che scrive non ha interesse. Ma ne siamo sicuri? Magari quei deliri sui ferocissimi accattoni e pidocchi che ci succhiano il sangue sono espressioni estreme di un sentimento medio. Quando abbiamo letto la prima mail - mandata dal sito rom Sucar Drom dieci giorni fa - in cui si raccontavano le sevizie subite, per ore e ripetutamente, da alcuni italiani di cultura rom dentro una caserma dei carabinieri, qui in redazione abbiamo fatto un salto sulla sedia: non solo perché sono ancora dolenti le cicatrici di Bolzaneto, ma anche perché abbiamo appunto la sensazione che in Italia, quando si tratta di rom e sinti le orecchie e gli occhi si chiudono. Nel numero di Carta che uscirà domani pubblichiamo un elenco delle aggressioni e dei casi in cui rom di ogni età sono stati feriti, o sono morti, nel nostro paese, negli ultimi due anni, escludendo gli sgomberi e i rastrellamenti. E anche a noi, che seguiamo la sorte di quei disgraziati da anni, la reiterazione, gratuità, impunità e ferocia di quel che i rom subiscono ha fatto una grande impressione. E allora, se due baristi normalmente razzisti si sentono autorizzati a aggredire delle persone, uccidendone una, perché sono «di colore» (espressione normalmente circolante sui media), questo è un fatto enormemente grave, perché segnala un senso comune feroce verso gli stranieri, i migranti e i diversi in genere. Ma se un gruppo di pubblici ufficiali commette quel che i rom di Bussolengo hanno denunciato (e documentato con le testimonianze e le foto che si trovano nel sito di Carta), questo evento significa che quel senso comune feroce ha contagiato le forze dell'ordine. Non voglio stabilire graduatorie, naturalmente. Ma i presidi che si sono fatti a Milano, dopo l'omicidio di Abdoul, non sono più essenziali, per alzare un argine al razzismo, del presidio che si è tenuto a Verona, l'altroieri, durante l'udienza in cui i rom vittime delle torture erano assurdamente processati per «resistenza a pubblico ufficiale». Al termine dell'udienza, il giudice ha negato la scarcerazione perché, ha spiegato, sussiste il pericolo di «reiterazione del reato». Certo, potrebbero di nuovo mettere la faccia nella traiettoria del pugno di un carabiniere, ragione per la quale uno di quei ragazzi ha perso tre denti. Però la procura di Verona ha aperto un'inchiesta sulla base della denuncia dei rom, e risulta che l'Arma dei carabinieri ha avviato un'indagine interna. Media o non media, alla fine hanno dovuto muoversi.

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