martedì 23 settembre 2008

«È molto importante che non ci facciate sentire soli»

INTERVISTA
il manifesto 19/09/2008
Parla Adia Guibré, sorella del ragazzo assassinato a Milano
Giorgio Salvetti
MILANO

È difficile parlare con Adia, sorella di Abdul Guibré. Non solo perché suo fratello è stato ammazzato a sprangate, ma perché sulla pelle di quel ragazzo e della sua famiglia si è scatenata la bagarre mediatica e politica. «Nessuno mi può ridare mio fratello. Parlo solo perché quello che è successo a lui non deve più succedere a nessuno, a nessun bianco e a nessun nero».
Cosa credi sia successo davvero domenica mattina all'alba?
Mio fratello è stato ucciso barbaramente. È strano che nessuno abbia visto, lancio un appello perché chiunque porti una testimonianza, anche anonima. Non bisogna avere paura, perché purtroppo la stessa cosa può capitare a tutti.
Credi che sarebbe andata diversamente se Abdul non fosse stato nero?
Anche se fosse stato bianco, non è possibile che un ragazzo di 19 anni venga ammazzato in quel modo senza nessun motivo. Ma ad Abdul hanno gridato 'negro di merda'. La moglie di quei baristi il giorno dopo ha dichiarato di essere razzista al 100%. Come può non c'entrare il colore della pelle? È una cosa che mi ha fatto molto male. Poi quella signora ha chiesto la nostra comprensione... Che cosa le posso rispondere? C'è gente che si sposta sulle panchine o ci guarda male in metropolitana, o che ci insulta perché siamo neri. Finché sono parole si può anche far finta di niente. Ma negli ultimi anni tutto è peggiorato eppure io stessa non me ne sono resa conto, fino all'altro giorno, fino a quando non è stata colpita la mia famiglia. L'Italia è un bellissimo paese ma ci sono persone che per ignoranza diventano violente. Per fortuna non tutti. Noi siamo italiani e anche ora riusciamo a essere orgogliosi di essere italiani perché tanti di voi ci stanno vicino e ci danno la forza di sentirci concittadini. Mio fratello aveva tanti amici che ci vengono a trovare a casa. Era un ragazzo buono e amato dalla gente. I ragazzi, tutti, bianchi e neri, hanno il diritto di andare a divertirsi senza rischiare di essere ammazzati come è successo a lui.
Di chi è la responsabilità dell'ignoranza di cui parli?
La politica troppo spesso aumenta questa ignoranza teorizzando che gli stranieri devono tornarsene nel loro paese. Ma questo è il mio paese. È il paese di tanti neri come me. Molti stranieri lavorano in fabbrica, in fonderia o badano agli anziani, magari curano le vostre madri e i vostri padri. Anche io ho fatto un corso per assistenza agli anziani. Ci sono ragazzi neri che hanno studiato, sono laureati, parlano perfettamente italiano. Quando mandano il curriculum li vorrebbero assumere, ma poi quando scoprono che sono neri, nessuno li vuole. È ipocrita usare il lavoro degli stranieri ma volere che non si vedano per le strade. L'Italia è un paese con l'età media molto alta, senza gli stranieri non potrebbe andare avanti: noi siamo il vostro braccio destro. Proprio come lo siete stati voi in America o in tutti quei paesi dove siete emigrati. Non è pensabile che gli stranieri se ne vadano. Mio padre lavora da 22 anni a Cernusco sul Naviglio, nella stessa fabbrica, siamo una famiglia rispettabile, tanto che ci avete riconosciuto la cittadinanza. I miei figli crescono in questo paese.
Domani tanti cittadini milanesi manifesteranno per tuo fratello, che ne pensi?
Hanno detto che la famiglia non voleva che la politica si occupasse della vicenda. Ci hanno fatto dire tante cose. Anche per questo sto valutando se sia opportuno andarci, ma sono contenta che le persone manifestino per Abdul e li ringrazio. È giusto che lo facciano. Sono persone intelligenti. La solidarietà che ci è stata data in questi giorni è molto importante. Sono queste persone che mi danno coraggio, altrimenti in questo momento non riuscirei neppure ad alzarmi in piedi.

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