venerdì 26 settembre 2008

Morales e i nemici si parlano, mentre i contadini assediano Santa Cruz

Bolivia, parte un dialogo in salita
Si tratta su gas, latifondo, costituzione

Angela Nocioni
Rio de Janeiro
Con la pressione degli altri Paesi latinoamericani, e con la regia diplomatica del vicino Brasile, ieri a Cochabamba è iniziata la trattativa tra il primo governo indigeno della Bolivia e i governatori dei dipartimenti dell'Oriente, l'arma politica dell'estrema destra locale.
Sarà, per volere del governo, un dialogo a tappe forzate. «Si esce di qui solo con l'accordo fatto» dice il presidente. Ma è una trattativa difficilissima. Non esistono margini: vanno inventati.
L'opposizione al governo del Mas è apertamente razzista, filonazista. Lo rivendica, i suoi leaders si definiscono tali a microfono spento. Non sopporta l'idea di essere governata da indigeni. Questo innanzitutto. Le questioni del gas e della terra, importanti, vengono dopo.
Prima della nazionalizzazione dei giacimenti i profitti degli idrocarburi restavano sostanzialmente in mano dei governatori locali (l'Oriente è la parte più ricca di giacimenti). Ora, dopo la nazionalizzazione decisa da Morales, vanno a la Paz che li usa per finanziare una serie di politiche sociali, soprattutto le ridistribuisce sotto forma di bonus economici per vecchi poveri. L'Oriente vuole riprendersi quei soldi. Il governo non può cedere su questo punto senza essere travolto da sinistra. E la sinistra è per Morales cruciale, più della destra. I movimenti sociali, consapevoli del ruolo che hanno in questa fase storica in Bolivia, trattano ogni centesimo e minacciano fuoco e fiamme se non ottengono quanto chiedono.
La questione della terra, delicatissima, è forse il punto in cui con minori difficoltà si può imbastire una trattativa. Quanto dev'essere estesa una proprietà terriera (improduttiva) per essere considerata latifondo? Diecimila ettari, come chiede la destra, o cinquemila, come chiede la maggior parte dei movimenti sociali? Su questo punto si può forse riuscire a trattare. La nuova Costituzione, che l'opposizione considera pericolosamente statalista e troppo indigenista mentre il governo la ritiene necessaria per ridisegnare le istituzioni di un Paese dove fino a due anni fa vigeva un apartheid di fatto, deve ancora essere ratificata e quindi c'è spazio per emendamenti.
Ma il cammino è pieno di insidie. I nemici di Morales hanno tutto l'interesse a far saltare la mediazione. A loro, ricchissimi padroni delle terre d'Oriente in cui controllano tutto (dall'ultimo municipio a tutte le false cooperative dei servizi, passando per ogni singolo segmento dell'economia locale) conviene sedersi al tavolo per gridare che trattare con un governo socialista non si può. Scuse per interrompere il dialogo non ne mancano. Possono dire che non tollerano lo stato d'assedio decretato nel dipartimento di Pando, regione dell'opposizione in cui c'è stata la settimana scorsa una imboscata a sostenitori di Morales: 30 morti. Possono chiedere la liberazione del governatore Leopoldo Fernández, accusato dal governo di essere il mandante del massacro e al momento detenuto in una località segreta. Possono dire di non poter sopportare l'assedio a Santa Cruz che gruppi che contestano Morales ‘da sinistra' hanno messo in piedi chiedendo «l'immediata rinuncia del prefetto fascista Ruben Costa». Ruben Costa è stato confermato al suo posto un mese fa con percentuali altissime in un referendum revocatorio, la maggior parte dei cruzenos (piaccia o no) lo vota e lui non ha nessuna intenzione di andarsene.
L'accesso a Santa Cruz ieri sera era ancora bloccata da organizzazione contadine decise a far dimettere il prefetto ad ogni costo. «Non ce ne andiamo nemmeno se ce lo chiede Morales» dicono quelli che occupano un ponte strategico, 15 kilometri al nord della città.

19/09/2008 liberazione

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