giovedì 20 marzo 2008

Capitale avido e malato ma qui si parla sempre d’altro

da liberazione 19/03/2008

Intervista al capolista in Lombardia de la Sinistra l’Arcobaleno
Mussi: «Capitale avido e malato ma qui si parla sempre d’altro»
Stefano Bocconetti

Come si definisce? Un po’ «sconsolato». Fortunatamente non c’entrano nulla le vicende sanitarie. Fabio Mussi, 60 anni, ministro in carica per l’università, tre settimane fa s’è dovuto sottoporre
ad un delicato intervento di trapianto dei reni. Operazione che si può fare quasi solo a Bergamo. Ed è proprio lì che ha dovuto trovare una casa in affitto, perché ogni tanto ha bisogno di fare qualche analisi. Così, per la prima volta dopo 40 anni, segue un po’ da lontano la campagna elettorale. Ma solo un po’: venerdì ha parlato dal palco di un teatro di Milano. Qualche altro
comizio l’ha già in programma. Ma comunque, non è questo a renderlo «sconsolato». Anzi, dal punto di vista medico le «cose funzionano», dice. Ad intristirlo è invece il clima che si respira
in questa campagna elettorale. «Puoi immaginare che da casa seguo tutte le trasmissioni tv. E non hai idea di che sconforto mi prende guardandole...».
Insomma, gli spettacoli a base di Veltroni o Berlusconi ti annoiano?
Di più: io penso che questo falso bipartitismo che si vorrebbe imporre all’Italia faccia correre al nostro paese il rischio di un salto all’indietro. Una ”riprovincializzazione“ della politica.
Andiamo con ordine: perché falso questo bipartitismo? I leader della destra e dei democratici sembrano intenzionati ad arrivarci sul serio.
Falso perchè tutto si possono definire meno che due partiti. Sono due coalizioni, due mini-coalizioni, diciamo: due ”aree“. Una va dalla Mussolini a Berlusconi, con la Lega Nord, la Lega Sud, più Dini e quant’altro. L’altro mette insieme il piddì più Di Pietro e i radicali.
Radicali che hanno firmato un accordo politico sui seguenti punti: tre milioni di euro, nove deputati e la Bonino ministro. Non ricordo di aver letto qualcosa sul divorzio breve o sul concordato...
Diciamo, due brutte mini-coalizioni. Ma perché ”provinciali”?
E me lo domandi? Ma alziamo la testa, guardiamo a cosa accade davvero.
E che accade?
Che stiamo vivendo la crisi di un sistema fondato su un capitalismo finanziario. Sistema che vuole sopravvivere senza alcuna regola. Un capitalismo avido, avido perché malato. E queste cose non le dice qualche teorico della nuova sinistra ma uno come Alan Greenspan, l’ex presidente della Federal Reserve. Una crisi che ci sta per venire addosso e che in un paese con pesanti arretratezze strutturali può diventare una frana. E allora mi vengono in mente tante domande.
Domande, quali?
Dunque, fino a ieri, anzi fino a mezz’ora mezz’ora fa, ci hanno raccontato che l’America era un faro. Perché non aveva i vincoli che ci sono in Europa, ci hanno raccontato che là c’era dinamismo economico perché le imprese potevano licenziare, riassumere, precarizzare e lo stato sociale era minimo. Ci hanno detto e ripetuto che lì tutto era migliore. E ora? Cosa è accaduto? Come mai l’Europa forse riuscirà a reggere meglio la crisi? Magari perché c’è ancora un welfare che, nonostante tutto, non sono riusciti a cancellare? Perché non si dice che il paese che doveva essere il ”centro del nuovo secolo”, alla prova dei fatti, s’è limitato ad esportare debiti, inquinamento e guerre.
Qualcosa sta cambiando anche lì.
Sì. E mi riferisco a tutti i protagonisti della campagna elettorale. Obama, ma anche la Clinton e lo stesso McCain cercano una via d’uscita. Da noi no. Da noi c’è una campagna elettorale che vive di boutade. Mai nessuno che dica che paese vuole, che modello sociale, politico ha in mente. Non si parla neanche di cosa chiedere all’Europa, di come vogliamo andarci.
Si parla di nucleare, però.
Sì, ma non sanno quel che dicono.
Non sanno che le 480 centrali oggi in funzione garantiscono appena il 6% delle necessità energetiche. Loro pensano ad investimenti giganteschi, pericolosissimi, con la certezza che fra poco ci ritroveremo al punto in cui siamo. No, non hanno un’idea. Col petrolio a 110 dollari e che non scenderà più, chiedere che si investa in energie rinnovabili non è una formula da programma elettorale, è una scelta strategica.
Però di queste cose ne parla uno come Tremonti. Ogni tanto, ma ne parla.
Ed è un sintomo. Certo poi tira fuori soluzioni un po’ grottesche ma comunque ”tematizza” le questioni vere. Per il resto, questi dibattiti sono davvero uno spettacolo desolante.
E a sinistra, come vedi la campagna elettorale?
C’è da lavorare. Ma credo che ce la si possa fare. Siamo a metà della campagna elettorale è vero, ma vedo che tutti i sondaggi sono concordi nel dire che la sinistra ha un enorme potenziale elettorato.
Le possibilità di miglioramento sono grandi. Non sarà facile ma ci si può riuscire. Anzi ci si deve riuscire.
Che vuoi dire?
L’ho già detto tante volte ma te lo ripeto.
Io cedo che in questo voto ci siano due poste in palio. La prima riguarda il governo e come qualsiasi democratico mi auguro che non torni Berlusconi.
Ma c’è un obiettivo ancora più importante: che riguarda il futuro. Della democrazia.
Che non può esistere senza che abbia forza, peso chi sceglie di rappresentare il lavoro.
Sinistra, dici. Diciamoci la verità: non ti senti anche te un po’ responsabile del fatto che a quest’appuntamento ci si arriva solo con un cartello elettorale? Forse si poteva fare di più?
Mi chiedi se si poteva avere più coraggio? La risposta è: sì. Si poteva stringere verso la costruzione del nuovo soggetto, unitario e plurale. Si poteva fare di più, si sarebbe potuto mescolare culture, esperienze, movimenti. Si poteva costruire con più determinazione la
nuova formazione. Ma per queste cose occorrono anche i tempi giusti. E c’è stato il precipitare della crisi. E come dice il filosofo se il mondo decide non si può far finta di nulla.
Posso chiederti qual è la soglia sopra la quale il processo di unità diventa irreversibile?
Neanche sotto tortura mi sentirai fare una percentuale.
Ma tu sai che già girano voci su qualche ”defezione“ a sinistra, all’indomani del voto?
Per me si deve andare avanti con chi ci sta.
Prima parlavi della crisi di governo.
Ma come ti spieghi che questo tema è scomparso dalla campagna elettorale?
Anche a me è una cosa che ha colpito.
Ma è un atteggiamento che coinvolge quasi esclusivamente il piddì.
In fondo, però, anche Schroeder, intuendo che il suo governo era impopolare fece campagna come se fosse stato all’opposizione.
Ma qui da noi, i democratici fanno molto meno. E’ come se fosse arrivato qualche osservatore da un asteroide e riflettesse su cosa non va nel nostro sistema.
Non è decoroso. Ma insomma: avevano 18 ministri su 25, il presidente del consiglio, due vicepresidenti, i ministeri chiave e ora si presentano come se non fosse successo nulla.
In pillole, cos’è successo?
Parlano come se le cose non fatte dipendessero da Ferrero, da me, da Pecoraro o da Bianchi. Ma smettiamola... Sì, smettiamola: perché oggi Padoa Schioppa scopre che il deficit è all’1 e 9, invece del 2 e 4 previsto. Stiamo parlando di otto miliardi di euro. E allora perché quando la sinistra lo chiedeva ci hanno detto che era impossibile stanziare quei soldi per i salari, per chi non ce la fa ad arrivare alla terza settimana?
Smettiamola. Oggi tutti parlando di precarietà, Veltroni propone mille euro al mese, proposta non disprezzabile.
Precari, ma perché hanno respinto tutte le richieste per trasformare i contratti a termine in posti stabili dopo 36 mesi?
Perché hanno votato una norma scritta sotto dettatura della Confindustria e della Cisl? Adesso anche Scalfari - basta leggere l’editoriale di domenica - dice che forse si poteva restare al deficit previsto e spendere i soldi per un po’ di risarcimento sociale. Come sempre: prima bacchettate a spezzare le mani, poi ci accorge che la sinistra ha ragione.
Ecco perché stavolta non si scherza.
Questo paese, questa Europa e fammelo dire questo mondo hanno bisogno di una sinistra. Garantiamo la sua presenza, dopo avremo tempo per discutere di tutto.

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