martedì 25 marzo 2008

Il ministro: «Su Bolzaneto politici muti». L'attacco di Bertinotti «Amato, fai propaganda»

il manifesto 22.03.2008
d.p.
Roma

Per Fausto Bertinotti è «propaganda», per Vittorio Agnoletto, nel 2001 portavoce del Social Forum, è «un capolavoro di opportunismo», per Francesco Caruso, all'epoca militante no global oggi deputato Prc, «un'inaccettabile speculazione elettorale», per il verde Paolo Cento «una presa per i fondelli». E' dura l'accoglienza della sinistra arcobaleno alle parole del ministro Giuliano Amato in un'intervista a Repubblica sulle torture nella caserma di Bolzaneto, nel luglio 2001. A colpire, soprattutto, è l'affermazione sull'atteggiamento tenuto dalle forze politiche a proposito dei fatti di Genova. «Indifferenza, o meglio ritrosia. Sorprendente, se ci pensa: si è strillato molto più per Guantanamo che non per Genova. Siamo più sensibili ai diritti umani nel mondo che al loro rispetto a casa nostra».
A sette anni di distanza, ieri il ministro dell'interno scopre le torture di Bolzaneto, appena due giorni dopo l'analoga scoperta da parte di Walter Veltroni. E così rivela al resto del mondo che lui, il ministro, dal 2001 a oggi non si è accorto delle denunce della società civile e di quella politica, delle polemiche sulla mancata istituzione di una commissione di inchiesta. Non si è accorto neanche che Massimo D'Alema, oggi suo autorevole collega ministro e compagno di partito, all'epoca aveva parlato di «polizia cilena». Non si è accorto di nulla. O del boato prodotto dall'indignazione del paese su quanto era accaduto a Genova e a Bolzaneto, alle sue orecchie è arrivata un'eco lontana. Oggi rimedia, accodandosi al coro intonato due giorni fa da Veltroni, chiedendo severità su chi ha sbagliato, e l'accertamento delle responsabilità.
Meglio tardi, verrebbe da dire. Ma la coincidenza con il rush finale della campagna elettorale rende lecito il sospetto che il Partito democratico abbia - a ragione - identificato i giorni di Genova come quelli della rottura fra una parte della società politica, quella che taceva «indifferente», appunto, e una buona parte della società civile, che ammutoliva ma anche manifestava di fronte al comportamento «cileno» delle forze dell'ordine e della polizia penitenziaria. Ora il Pd vuole recuperare, soprattutto voti a sinistra. Operazione ardua però: il Pd corre con Antonio Di Pietro, quello che insieme all'Udeur fece bocciare la commissione d'inchiesta sui fatti di Genova che pure era nel programma dell'Unione. Ha buon gioco Bertinotti, oggi sulla sua Liberazione, a dichiararsi «sconvolto dalla sfacciataggine» di Amato. Il presidente della Camera poi svela un retroscena: durante gli scontri, lui stesso telefona al capo della polizia De Gennaro, chiedendogli di intervenire. «De Gennaro risponde di non conoscere i fatti mi chiede di attendere due minuti, mi richiama e dice: 'Guarda, non posso farci niente e non me lo chiedere perché quella non è un'ambasciata e quindi è un territorio sul quale le forze dell'ordine possono intervenire...».

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