domenica 30 marzo 2008

Il bis di Melfi, lo sciopero paga

il manifesto 28.03.2008
«Ci sono voluti quattro morti» per un confronto con la Fiat sulla sicurezza. Sciopero in tutto il gruppo e qualche impegno del Lingotto
Loris Campetti

Alla fine la Fiat ha ceduto, è la seconda volta che succede a Melfi. Ieri, però, non si discuteva la fine dell'apartheid salariale e normativa dello stabilimento lucano, che aveva visto la più straordinaria e vincente mobilitazione operaia che da quelle parti si ricordi, bensì la sicurezza sul lavoro. «Ci sono voluti quattro morti alla Fiat - come sostiene il sottosegretario alla salute Gianpaolo Patta - due solo a Melfi, perché la direzione del Lingotto accettasse un confronto con i sindacati, convocato dopo la morte del conduttore Domenico Monopoli dal prefetto di Potenza». L'incontro di merito con le rappresentanze sindacali si terrà il 3 aprile e affronterà, insieme alle tematiche legate alla sicurezza e al rispetto della nuova legge, alla prevenzione delle malattie professionali. A Melfi lo stesso tipo di disturbi fisici, tendiniti e dolori articolari, si manifestano prima che negli altri stabilimenti Fiat, secondo i delegati, in conseguenza della metrica che sottopone gli operai a ritmi e stress molto alti. Ma ci sono voluti un nuovo morto e il blocco dello stabilimento e dell'indotto per strappare un appuntamento, che pure alla direzione Fiat è costato molo.
La protesta degli operai era esplosa, in una fabbrica che nella sua breve storia ha spesso oscillato tra il silenzio e la rivolta, alle 12 di martedì, quando la notizia della morte del loro compagno è piombata nelle officine. Dovevano essere due ore di sciopero e invece un'assemblea improvvisata ha deciso il blocco a oltranza della produzione per convincere la direzione ad aprire finalmente un tavolo di trattativa. Cortei interni di 1.500 lavoratori hanno contribuito a costruire il clima giusto per reggere, tra chi denuncia da anni un'organizzazione del lavoro che fa a pugni con la sicurezza. Paradossalmente, il secondo morto in fabbrica nell'arco di tre mesi non ha sorpreso gli operai, ha però reso esplosiva una condizione percepita come intollerabile. E al mattino di ieri, mentre il grosso della forza lavoro presidiava i cancelli dello stabilimento, un gruppo di operai e delegati ha presidiato la trattativa davanti alla prefettura di Potenza. Dentro, infine, anche i rappresentanti della direzione Fiat di Melfi e di Torino. L'azienda si è impegnata a investire 5 milioni di euro nella sicurezza e ad adempiere a tutte le norme contenute nella legge 123 sulla sicurezza, sia pure chiedendo una deroga di un mese rispetto alla fine dell'anno in corso, previsto dalla delega alla legge concordata dal ministero della salute con la Confindustria. Ma su questo punto, e sulle inadempienze Fiat, torneremo più avanti. Al termine dell'incontro si è tenuta una nuova assemblea in fabbrica per valutare i risultati ottenuti: importante il fatto che l'azienda sia scesa a più miti consigli, ma il giudizio dei sindacalisti è ancora interlocutorio, nel senso che «l'incontro non è stato esaustivo», dice il segretario regionale della Fiom Giuseppe Cillis. L'assemblea ha deciso di sospendere lo sciopero e far ripartire le linee di montaggio, riconvocandosi però per il 4 aprile, l'indomani dell'incontro con la Fiat, per valutare la concretezza degli impegni aziendali. Per la seconda volta gli operai di Melfi hanno portato a casa un risultato.
Siccome la condizione di lavoro, i rischi e le violazioni aziendalin sono simili in tutti gli stabilimenti Fiat, per un'ora lo sciopero è stato generale. Con l'unica eccezione di Mirafiori, dove storicamente le fermate di un'ora a metà turno incontrano più d'una difficoltà, la protesta indetta da Fim, Fiom e Uilm ha raccolto ovunque un consenso generalizzato con punte fino all'80-90%, da Pomigliano a Cassino, da Termoli a Brescia e lo sciopero in molti casi ha coinvolto l'insieme delle ditte appaltatrici che lavorano per il Lingotto. Il coordinatore per la Fiom del settore auto, Enzo Masini, incassa il primo parziale risultato di Melfi ma non risparmia accuse alla Fiat che «finora si è sempre rifiutata di discutere le tematiche legate alla sicurezza e all'usura provocata dall'organizzazione del lavoro con le Rsu e le Rsl».
Ieri mattina il sottosegretario Patta ha fornito alla stampa una ricchissima documentazione che testimonia le ripetute violazioni della legge 123 sulla sicurezza, in tutti gli stabilimenti in cui sono state effettuate ispezioni. Si va dalla mancata redazione del documento unico di valutazione dei rischi, alla mancata indicazione dei costi relativi alla sicurezza nei contratti d'appalto, ad altre violazioni minori. A ogni convocazione da parte del ministero la Fiat ha sempre risposto negativamente, così come alla richiesta di collaborare su tutta la materia con le rappresentanze sindacali. «Solo al terzo morto in Fiat - ha ripetuto Patta - l'azienda ha iniziato a mettersi in regola con la normativa, ma solo per i contratti successivi all'agosto del 2007 quando è entrata in vigore la legge. E solo dopo il quarto morto si è seduta a un tavolo con il prefetto e il sindacato». Un atteggiamento negativo che coinvolge la stessa Confindustria ma non tutte le grandi aziende: Fincantieri, tre grandi porti, la Ilva, la ThyssenKrupp, hanno firmato accordi migliorativi sulla sicurezza, accettando l'istituzione del Rappresentante di sito per la sicurezza che consente a questi delegati di effettuare controlli in tutta la filiera e non solo nell'azienda capocommessa. «Ma la Fiat - conclude Patta - continua a rispondere no».
Cerignola, la città di Domenico Monopoli, l'operaio morto a Melfi precipitando dal tetto di una cabina di verniciatura, ha proclamato il lutto cittadino. E oggi ospiterà i suoi funerali.

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