giovedì 27 marzo 2008

La sobrietà creativa per un buon uso delle rovine

il manifesto 23.03.2008
Marinella Correggia

«Meno cose, più tempo, più relazioni umane, più divertimento» propone il progetto chiamato New American Dream (www.newdream.org). Non sembra gradevole? Suggerisce sobrietà creativa: vivere con coscienza, autogestirsi di più, comprare meno e meglio. Uscire dai comportamenti fossili, voraci di combustibili fossili e non adatti al futuro. Uscire dalle merci e dai servizi inutili o disutili. Chiamiamoli mali, non beni.
Possiamo ispirarci all'esortazione che fu di Gandhi: «Sii tu il cambiamento che vuoi per il mondo». La riconversione ecologica ed equa dell'economia è una scelta che richiede l'impegno della politica e un eco-orientamento della tecnologia ma passa anche dall'impegno personale. Riorientare in massa gli stili di vita è contribuire a riorientare il sistema produttivo. O quantomeno a sganciarsi dalle assurdità, come le opere distruttive (autostrade per Tir, aeroporti per low cost, inceneritori per risorse rifiutate, centri commerciali e seconde case) e le produzioni sfruttatrici del lavoro e della natura (agrozootecnia intensiva, petrolchimica, settore estrattivo, fabbriche della fatica). Più coerenti e sganciati, diventeremo anche molto più esigenti con la politica: per esempio nel chiedere la riconversione, a partire dallo scandalo delle spese militari.
Che una sobrietà creativa sia una necessità per il salvataggio del mondo a partire dalla spada di Damocle del clima ce lo suggerisce Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc dell'Onu, che con i suoi rapporti ha sbattuto il caos climatico in faccia all'umanità. Pachauri ha sottolineato «l'importanza dei cambiamenti negli stili di vita» e ha proposto tre azioni immediate: mangiare meno carne, andare in bicicletta, comprare qualcosa solo se ci serve. Come italiani dobbiamo scendere da oltre 8 tonnellate di CO2 pro capite all'anno, a 1,5 per vivere in un mondo che sia equo e sostenibile.
Ma poiché appunto c'è anche «la crisi», vediamo se e come usarla - individualmente e collettivamente - non tanto per superarla riavviando una crescita mortifera, quanto per favorire una riconversione di produzione, occupazione e consumi nella direzione di 3E: eguaglianza, ecologia, empatia.
Più terraterra: vediamo se, essendoci meno denaro in giro, possiamo al tempo stesso far quadrare meglio i conti e diventare più verdi e rossi (più ecologisti e più equi). Sembra di sentire qualcuno: «I prodotti ecologici ed equi costano di più. Chi non ha soldi va al discount!». Risposta: la sfida è un'ecologia che non sia delle contesse, per usare un'espressione di Giorgio Nebbia, ma accessibile a tutti. Però è certo che quel che costa troppo poco ha spesso dietro sfruttamento della natura e dei produttori, insalubrità, scarsa durata. Di fronte a tante cianfrusaglie materiali e morali la sobrietà creativa può diventare un vero piacere: «Scegliamo buone pratiche; l'abitudine ce le renderà gradevoli» (attribuito a Pitagora).
*Autrice de «La rivoluzione dei dettagli. Manuale di ecoazioni individuali e collettive» (Feltrinelli)

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