il manifesto 23.03.2008
Marinella Correggia
«Meno cose, più tempo, più relazioni umane, più divertimento» propone il progetto chiamato New American Dream (www.newdream.org). Non sembra gradevole? Suggerisce sobrietà creativa: vivere con coscienza, autogestirsi di più, comprare meno e meglio. Uscire dai comportamenti fossili, voraci di combustibili fossili e non adatti al futuro. Uscire dalle merci e dai servizi inutili o disutili. Chiamiamoli mali, non beni.
Possiamo ispirarci all'esortazione che fu di Gandhi: «Sii tu il cambiamento che vuoi per il mondo». La riconversione ecologica ed equa dell'economia è una scelta che richiede l'impegno della politica e un eco-orientamento della tecnologia ma passa anche dall'impegno personale. Riorientare in massa gli stili di vita è contribuire a riorientare il sistema produttivo. O quantomeno a sganciarsi dalle assurdità, come le opere distruttive (autostrade per Tir, aeroporti per low cost, inceneritori per risorse rifiutate, centri commerciali e seconde case) e le produzioni sfruttatrici del lavoro e della natura (agrozootecnia intensiva, petrolchimica, settore estrattivo, fabbriche della fatica). Più coerenti e sganciati, diventeremo anche molto più esigenti con la politica: per esempio nel chiedere la riconversione, a partire dallo scandalo delle spese militari.
Che una sobrietà creativa sia una necessità per il salvataggio del mondo a partire dalla spada di Damocle del clima ce lo suggerisce Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc dell'Onu, che con i suoi rapporti ha sbattuto il caos climatico in faccia all'umanità. Pachauri ha sottolineato «l'importanza dei cambiamenti negli stili di vita» e ha proposto tre azioni immediate: mangiare meno carne, andare in bicicletta, comprare qualcosa solo se ci serve. Come italiani dobbiamo scendere da oltre 8 tonnellate di CO2 pro capite all'anno, a 1,5 per vivere in un mondo che sia equo e sostenibile.
Ma poiché appunto c'è anche «la crisi», vediamo se e come usarla - individualmente e collettivamente - non tanto per superarla riavviando una crescita mortifera, quanto per favorire una riconversione di produzione, occupazione e consumi nella direzione di 3E: eguaglianza, ecologia, empatia.
Più terraterra: vediamo se, essendoci meno denaro in giro, possiamo al tempo stesso far quadrare meglio i conti e diventare più verdi e rossi (più ecologisti e più equi). Sembra di sentire qualcuno: «I prodotti ecologici ed equi costano di più. Chi non ha soldi va al discount!». Risposta: la sfida è un'ecologia che non sia delle contesse, per usare un'espressione di Giorgio Nebbia, ma accessibile a tutti. Però è certo che quel che costa troppo poco ha spesso dietro sfruttamento della natura e dei produttori, insalubrità, scarsa durata. Di fronte a tante cianfrusaglie materiali e morali la sobrietà creativa può diventare un vero piacere: «Scegliamo buone pratiche; l'abitudine ce le renderà gradevoli» (attribuito a Pitagora).
*Autrice de «La rivoluzione dei dettagli. Manuale di ecoazioni individuali e collettive» (Feltrinelli)
Possiamo ispirarci all'esortazione che fu di Gandhi: «Sii tu il cambiamento che vuoi per il mondo». La riconversione ecologica ed equa dell'economia è una scelta che richiede l'impegno della politica e un eco-orientamento della tecnologia ma passa anche dall'impegno personale. Riorientare in massa gli stili di vita è contribuire a riorientare il sistema produttivo. O quantomeno a sganciarsi dalle assurdità, come le opere distruttive (autostrade per Tir, aeroporti per low cost, inceneritori per risorse rifiutate, centri commerciali e seconde case) e le produzioni sfruttatrici del lavoro e della natura (agrozootecnia intensiva, petrolchimica, settore estrattivo, fabbriche della fatica). Più coerenti e sganciati, diventeremo anche molto più esigenti con la politica: per esempio nel chiedere la riconversione, a partire dallo scandalo delle spese militari.
Che una sobrietà creativa sia una necessità per il salvataggio del mondo a partire dalla spada di Damocle del clima ce lo suggerisce Rajendra Pachauri, presidente dell'Ipcc dell'Onu, che con i suoi rapporti ha sbattuto il caos climatico in faccia all'umanità. Pachauri ha sottolineato «l'importanza dei cambiamenti negli stili di vita» e ha proposto tre azioni immediate: mangiare meno carne, andare in bicicletta, comprare qualcosa solo se ci serve. Come italiani dobbiamo scendere da oltre 8 tonnellate di CO2 pro capite all'anno, a 1,5 per vivere in un mondo che sia equo e sostenibile.
Ma poiché appunto c'è anche «la crisi», vediamo se e come usarla - individualmente e collettivamente - non tanto per superarla riavviando una crescita mortifera, quanto per favorire una riconversione di produzione, occupazione e consumi nella direzione di 3E: eguaglianza, ecologia, empatia.
Più terraterra: vediamo se, essendoci meno denaro in giro, possiamo al tempo stesso far quadrare meglio i conti e diventare più verdi e rossi (più ecologisti e più equi). Sembra di sentire qualcuno: «I prodotti ecologici ed equi costano di più. Chi non ha soldi va al discount!». Risposta: la sfida è un'ecologia che non sia delle contesse, per usare un'espressione di Giorgio Nebbia, ma accessibile a tutti. Però è certo che quel che costa troppo poco ha spesso dietro sfruttamento della natura e dei produttori, insalubrità, scarsa durata. Di fronte a tante cianfrusaglie materiali e morali la sobrietà creativa può diventare un vero piacere: «Scegliamo buone pratiche; l'abitudine ce le renderà gradevoli» (attribuito a Pitagora).
*Autrice de «La rivoluzione dei dettagli. Manuale di ecoazioni individuali e collettive» (Feltrinelli)
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