giovedì 20 marzo 2008

Quel filo «rosso» tra Veltroni e Marchionne

da il manifesto 18/03/2008
Francesco Paternò

La Fiat è sempre stata governativa, come i banchieri. Però, in attesa del voto, la Fiat e i principali banchieri del paese sono saliti sul pullman di Walter Veltroni. Dove s'intruppano con imprenditori come Massimo Calearo, Matteo Colaninno ed Emma Marcegaglia, quasi la nuova sinistra del paese. Stasera a Torino Veltroni fa tappa elettorale e non è escluso che incontri Sergio Marchionne, l'amministratore delegato della Fiat. Tra i due c'è un sottile filo rosso (?), anche se il top manager non si è visto in coda al voto nelle primarie per Romano Prodi, come hanno fatto Alessandro Profumo, numero uno di Unicredit Group, Pietro Modiano, direttore generale di Intesa San Paolo e, più discreti, Giovanni Bazoli e Corrado Passera, presidente e amministratore delegato di Intesa SanPaolo, o i «soliti» di Montepaschi. Tutti comunisti, a confronto con la maggior parte dei lavoratori della Val Trompia.
Veltroni e Marchionne si sono già sentiti telefonicamente, c'è feeling sulle cose italiane come sull'America, stella polare del Partito democratico (italiano). Hanno le stesse antipatie per Silvio Berlusconi e per George Bush. Marchionne non sopporta il Cavaliere, «non avrei mai fatto una simile battuta con la precaria», è anche una questione di culture, in Svizzera ha imparato a essere «una persona seria, disciplinata», dal Canada dove è cresciuto ha appreso l'approccio anglosassone, «una volta che si prende un impegno si porta a termine», altro che pacche sulle spalle e corna dietro la testa alla Silvio. Dell'America degli ultimi «brutti otto anni», Marchionne dice che è «penosa», «rinchiusa in se stessa». Spera che alle presidenziali arrivino John Mcain, per il quale ha «ammirazione», e soprattutto Obama, perché il paese «ha bisogno di qualcosa di nuovo». Come Veltroni, tifa per il candidato nero (Massimo D'Alema, per inciso, è per Hillary Clinton), insomma due teste un voto.
Ma tra il capo della più grande azienda del paese e il capo del Partito democratico il feeling è ancora più spesso fra le cose di casa. Il primo apprezza del secondo un certo decisionismo e un certo agire fuori dagli schemi, come un Calearo in lista per esempio. Sul lavoro, Marchionne dice che l'ultimo contratto per i metameccanici è stato un «compromesso su cose vecchie», lui avrebbe preferito altre strade, essendo disposto ad «accettare qualsiasi marchingegno per creare le condizioni per essere più competitivi». Veltroni lamenta la mancanza di «una stagione riformista», il sistema paese è fermo, Marchionne gli risponde a distanza che «in Italia non è facile fare attività industriale, si vede anche dai fondi stranieri che vengono poco a investire». Invece che a Teano potrebbero incontrarsi a Termini Imerese, in Sicilia, dove c'è la fabbrica Fiat in cui il gruppo porterà nel 2009 una seconda produzione. Per la Fiat, la Regione dovrebbe impegnarsi seriamente dopo gli ultimi giri di valzer di Totò Cuffaro, chissà se ci fosse a Palermo un'Anna Finocchiaro.
Marchionne torna oggi a Torino, ieri in Svizzera ha presieduto l'assemblea di Sgs, società di revisione, per la quale nel 2008 vede «ragionevoli opportunità di crescita nel 2008», nonostante la bufera internazionale sui titoli - ma «le borse hanno perso ogni rapporto con la realtà» - con un impatto sull'industria destinato, nelle sue previsioni, a scendere dopo l'estate. L'ad di Fiat dice che il suo numero di cellulare tra i politici «lo hanno in pochi», di non aver «mai ricevuto richiesta di favori» o, nel caso, fa finta di non capire. Magari Walter lo chiama oggi stesso, mica è per un favore, è la campagna elettorale, bellezza.

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