martedì 25 marzo 2008

Vivere (e morire) da stuntman

il manifesto 22.03.2008
La morte di Niccolò Ricci sul set di una fiction ha puntato i riflettori su un mondo senza tutele: poca sicurezza, turni di 14 ore al giorno, niente pause
Antonio Sciotto

Gli inquirenti continuano a indagare sulla morte di Niccolò Ricci, avvenuta due sere fa a Sesto San Giovanni (Milano), sul set di una fiction che dovrebbe andare in onda la prossima stagione su Rai Due: «Dem - Dipartimento emergenza medica», sulla vita e il lavoro di un reparto del pronto soccorso. Il ragazzo, torinese di 30 anni, lavorava da più di cinque come stuntman e in passato era stato impegnato - sottolinea la Videomedia, casa di produzione della fiction - in diverse scene pericolose. L'altroieri doveva simulare - triste paradosso - proprio un infortunio sul lavoro, con una caduta da un'impalcatura edile alta sei metri, ma garantita da un materasso. Secondo le prime indagini, hanno preso corpo due ipotesi: Niccolò avrebbe sbattuto la testa su un ferro sporgente dell'impalcatura, prima di toccare il suolo; oppure sarebbe caduto fuori dal materasso, su un altro tappeto, su cui infatti sarebbe stato trovato del sangue. Prima di morire è stato diverse ore in coma, e nella nottata di ieri gli sono stati espiantati gli organi.
La morte di Niccolò ha puntato i riflettori su un mondo - quello dello spettacolo - popolato da tantissime figure precarie, spesso pressate a ritmi di lavoro massacranti e senza le tutele sulla sicurezza. Dietro gli attori belli e ben pagati, si muove un universo ai più sconosciuto, che non ha nulla a che vedere con i sogni propinati sulle riviste di gossip, ma che è piuttosto paragonabile a tanti altri lavori che si svolgono a giornata, con poche garanzie. Dove la formazione si fa spesso sul campo: il sindacato che segue gli stuntmen, la Slc Cgil, spiega ad esempio che nessuno illustra le normative di sicurezza a chi si lancia da altezze improbabili o sfreccia su automobili ad alta velocità, mentre piuttosto le produzioni chiedono orari al limite della sopportazione e non concedono pause.
«E' ovvio che non ci si improvvisa stuntman - spiega Silvano Conti, segretario Slc - Ci sono anni di formazione sportiva, in palestra, e l'esperienza maturata a poco a poco sul campo. Ma è vero che non ci sono concorsi per essere assunto: ti presenti e se vai bene entri. Per questo vorremmo impegnare i fondi interprofessionali per aprire corsi di formazione. Ma soprattutto dobbiamo rafforzare i nostri delegati, crearne di territoriali: in regioni come il Lazio, dove ci sono moltissimi set, servono rappresentanti dei lavoratori che agiscano su più fronti». Il vero problema è rappresentato però dalle produzioni, che in molti casi non forniscono gli strumenti di protezione, lasciano esposti i cavi elettrici, pressano per finire prima possibile il prodotto. «Si dovrebbe lavorare massimo 45 ore più 7 di straordinario - spiega il sindacalista Cgil - ma è la norma fare di più, si arriva spesso a 14 ore al giorno. Senza contare il fatto che le pause non vengono rispettate, e così quando fai una scena pericolosa sei poco concentrato e puoi sbagliare».
Sul fronte delle tutele, molti operatori dello spettacolo sono sprovvisti dell'assicurazione Inail, per il fatto che vengono pagati in partita Iva e considerati autonomi: «L'Inail riconosce i set cinematografici, televisivi e i palcoscenici come luoghi a rischio - spiega Maurizio Feiraud, del Sai, sindacato attori Cgil - ma gli attori spesso devono accendere un'assicurazione privata, e sono poco coperti, perché è una delle voci su cui la produzione tenta di tagliare». Sui set accadono gli incidenti più svariati, più o meno gravi: «Una carrozza d'epoca si sfascia e diversi attori finiscono feriti in ospedale - continua Feiraud - Per farti piangere ti danno sostanze tossiche; ci sono cavi elettrici, pesi sospesi, ponteggi pericolosi». Se perlomeno gli attori teatrali sono contrattualizzati (contratto Agis, che prevede però una somma bassa: solo 54 euro al giorno lordi, per molte ore di lavoro), l'Anica non vuole nemmeno aprire il tavolo per gli attori di cinema e fiction, cosicché si va in contrattazione individuale, in partita Iva. E molti pur di prendere un lavoro accettano paghe al ribasso. Solo le troupes (tecnici, truccatori, parrucchieri, costumisti) applicano un contratto nazionale con tutele minime.
La Cinestar, società romana che procura gli stuntmen, e con cui Niccolò lavorava da anni, afferma che il ragazzo era assicurato. Gli stuntmen in Italia sono una sessantina, in alcuni casi vittime di infortuni anche gravi, ma finora non era mai avvenuto un incidente mortale.

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